domenica 22 luglio 2012

Dal mercante


La partenza nel debole sole che albeggiava sulla mulattiera era stata silenziosa, il percorso si manteneva in quota e aggirava la valle che scavata profondamente dall’acqua aveva pendici irte e un sentiero accidentato.
Come previsto arrivarono ai magazzini del mercante nel primo pomeriggio. Vennero accolti da una moltitudine di persone, avvisate dalle grida di giubilo dei bambini che li avevano avvistati da almeno mezzora mentre percorrevano la mulattiera, sgombra da alberi che celassero alla vista chi la percorreva.
Le donne salutavano calorosamente il mercante. La sopravvivenza dell’interno abitato dipendeva dalla possibilità di rivendere le verge di ferro estratte dalla montagna. La possibilità di commerciare con l’esterno era essenziale, ma quasi nessuno aveva i mezzi per farlo in proprio: muli, carovaniere e soldati di scorta erano ben al di sopra delle possibilità comuni.
Il mercante faceva parte di una famiglia molto in vista, e proprio per questo influente. Il fratello era il potestà del luogo e rappresentava il governo Veneto insediato nella città. A questo univa l’attività mercantile della famiglia, che comprava i prodotti della valle (lana e verghe di ferro) e le commerciava con i Grigioni. Spesso barattava e rivendeva i prodotti pregiati riportati in patria discendendo la valle e completanto il percorso della via Piula fino alla città.

Il Capitano e i soldati alloggiavano in una stanza adiacente ai magazzini del mercante che occupavano interamene un llato della piazza cittadina, quattro porte di robusto legno conducevano all’interno. Sul lato sud dell’edificio una scala conduceva al piano superiore, in cui abitava il mercante. La facciata era intonacata, la parte superiore affrescata una madonna con bambino era contornata da motivi floreali.
Senza badare eccessivamente alle apparenze, il capitano fu ospitato dal mercante la sera stessa del loro arrivo.

“S’accomodi” disse il mercante vedendolo entrare nel salone “qui vicino al fuoco, riuscirà a dimenticare l’aria fredda della sera”.
Il capitano si accomodò su un sedile di pietra ricavato all’interno del muro, tra lui e il mercante seduto di fronte, la brace ardente del camino.
“E’ necessario che partiate, domattina, prima dell’alba”
“devo trovare un paio di uomini prima di addentrarmi nel territorio Veneziano” rispose guardando negli occhi il mercante.
“non troverà nessuno qui, e la disperazione non sarà sufficiente a convincere questi zotici a seguirvi” disse rintuzzando il fuoco con l’attizzatoio, prese un ciocco di legno da sotto il suo sedile di pietra “e la mia richiesta gentile, non deve farle credere che manchi della necessaria fermezza” buttò il legno sul fuoco da cui s’innalzarono scintille.
“domattina, partirete prima del sorgere del sole e entro mezzogiorno sarete al maglio infondo alla valle” disse il mercante guardandolo attentamente “il ponte potrà essere attraversato senza scrupoli particolari, pagate quanto vi viene chiesto e nessuno protesterà”. Girò gli occhi verso l’altro capo della stanza una serva faceva capolino della porta. La congedò con un gesto della mano. Si sporse verso il capitano “non fatela lunga, due bravacci come quelli perduti, li troverete con facilità andando verso il contado di Bergamo; vi farò avere una lettera di congedo con il sigillo di mio fratello il Podestà per sicurezza”.
“-me la farò andare bene visto che ci avete reso un servizio, e Noi sappiamo rispettare i nostri alleati”, disse il capitano ricambiando lo sguardo schietto.
“- non sfoggiate in queste terre la vostra sicurezza, e evitate ogni allusione ai vostri amici, perchè di questi tempi basta poco per farsì che rispettabili cristiani vengano additati come esecutori del maligno” si alzo stringendosi nella veste orlata di pelliccia “e ora mangiamo, dovrete coricarvi presto, l’alba non aspetta”.

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